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Assalti alla caserma di Bobbio Pellice

Primo assalto (1 dicembre 1943)

Il primo "a sorpresa" fu un fallimento completo", come sostiene Abele Bertinat, ma assolse compiti fondamentali: fece comprendere con chiarezza la necessità di organizzazione e coordinamento prima dell'azione, accrebbe l'autostima dei vari gruppi e favorì l'applicazione di un Comando di Valle e la creazione di un comando intermedio affidato a Prearo "il Capun" che guidava i gruppi di Bobbio, di Villar e del Ventuno. Il piano originario adottatto dal Comando di Valle, che ne assunse la direzione con l'approvazione di Agosti, aveva quale obiettivo la cattura di un comandante del presidio fascista di Bobbio, che sarebbe stato usato come "merce" di scambio.

Il progetto definitivo, elaborato al Baussan di Torre, prevedeva l'assalto a sorpresa della caserma, dopo la cattura della ronda fascista e l'annientamento del presidio dei "Moru".

Al riguardo erano tutti concordi: Roberto Malan, Prearo, Mario Rivoir, Sergio Toja, rappresentanti degli Ivert, del Sap e forse, Renè Poet.

Tutto fu deciso nei dettagli e il 1° dicembre i gruppi si mossero; mentre Sergio Toja, e gli uomini del Sap posero un posto di blocco ai Chabriols, mettendo di traverso un grosso albero di castagno; il gruppo della Sea con Mario Rivoir ne pose un altro sotto Bobbio, vicino al ponte di Subiasco, per sbarrare la strada ad eventuali rinforzi da Pinerolo e i restanti gruppi si diressero a Bobbio.

L'organizzazione sembrava impeccabile, ma la leggerezza dei capi degli Ivert la mise in crisi.

Chiambretto, Deslex, Paltrinieri, Sibille e "Barca", spiriti avventurosi ed imprudenti, arrivati nei pressi di Bobbio, in auto con armi nascoste nel bagagliaio, furono arrestati, proprio dai "Moru" che avrebbero dovuto catturare. Rimasero in carcere a Torino sino a febbraio poi vennero trattati come "merce di scambio" si cercò in tutti i modi di farli passare come fautori di "una ragazzata" e non certo partigiani.

I primi scontri ci furono al calare della notte quando un gruppetto di partigiani incontrò la Milizia, verso mezzanotte ci fu il vero attacco guidato da Malan, Favout, Prearo e René Poet, dove la violenza del fuoco nemico non bloccò l'ingresso dei partigiani nel cortile della caserma di cui fu sfondato il portone, ma dovettero desistere.... L'inesperienza aveva fatto si che i partigiani, nel tagliare i fili del telefono, non avessero notato la linea telefonica diretta che collegava Bobbio al Comando di Pinerolo, di conseguenza "i moru", asserragliati nella caserma, poterono chiedere aiuto ed un'autocolonna tedesca che, forzando il blocco ai Chabriols dove fu ferito a morte Sergio Diena, arrivò a Bobbio proprio mentre i militi fascisti stavano per capitolare, ai partigiani non restò che la ritirata.

Secondo assalto (1-2-3 febbraio 1944)

La caserma di Bobbio, così come scrive Prearo, aveva assunto l'aspetto di un fortilizio non era più possibile sfruttare l'elemento sorpresa per intentare un attacco quindi si pensò di ideare un modo efficace per attaccarla da lontano così nacque "l'artiglieria dei ribelli" o "artiglieria a s -ciancun" (strappo).

Il meccanismo offensivo era estremamente semplice: il braccio dei "banditi", appostati sul tetto di un caseggiato vicino alla caserma, avrebbe scagliato contro i nemici bombe a grappolo o bombe da mortaio in una rapida sequenza..... ma occorrevano bombe ed esplosivi così fu attuato un colpo di mano contro la polveriera.

La notte del 1° febbraio ebbe inizio un'azione di attacco che per ben 20 ore logorò i nervi dei "moru", senza attacchi diretti, che erano completamente isolati avendo i partigiani, memori dell'insuccesso precedente, tagliato non solo i fili del telefono ma anche quelli della luce.

All'alba del 2 febbraio tutti gli abitanti dell'Alta Valle erano pronti a combattere ribelli e non, persino le donne, questa determinazione favorì la costituzione di bivacchi in tutte le frazioni e l'assedio alla caserma fu intensificato, per tutta la giornata vennero lanciate le bombe dell'artiglieria "a s -ciancun" da René Poet ed Alcide Arnoulet.

Il 3 febbraio si seppe che erano stati inviati rinforzi nazifascisti da Pinerolo che però vennero messi in difficoltà a Bibiana dalle azioni del gruppo "Tino" Martina. La colonna, che comunque riuscì a risalire in Alta Valle, trovò a Rio Cross gli agguerriti Uomini della Sea e del Gruppo Ventuno che riuscirono a fermarla e a recuperare un prezioso mortaio da 81 per mezzo del quale divenne realtà l'espugnazione della "roccaforte dei moru".

Stabilite le condizioni di resa dei nemici e scortati i prigionieri verso i propri covi i ribelli e la popolazione della Valle dovettero subire delle gravi azioni di rappresaglia nazifascista che si concretizzarono in incendi dall'Inverso di Torre al Villar, in inutili ma crudeli uccisioni di montanari, in cattura di ostaggi, in volontà di vendetta e di scambio di prigionieri. Bisognava in qualche modo fermare il dilagare del nemico e la soluzione, sofferta, fu l'accettazione dello scambio di prigionieri e la restituzione delle armi, ovviamente sabotate perché non potessero più servire al nemico.