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La Resistenza

Dal settembre 1943

Prima del settembre 1943, seguendo una mai interrotta tradizione di antifascismo (Mario Falchi, Giovanni Miegge) al finire degli anni trenta si formò a Torre Pellice un gruppo di antifascisti che nel 1942 aderì al Partito d'Azione (tra essi Francesco Lo Bue, Jacopo Lombardini, Roberto Malan, Jean Rivoir; un collegamento con Milano era tenuto da Mario Alberto Rollier, con Torino da Frida Malan e Silvia Pons). I vecchi socialisti della valle continuavano a riunirsi (con Matteo Gay, Francesco Bianciotto, Carlo Oggenda).

Nei quarantacinque giorni di Badoglio si organizzò il rifugio per i perseguitati politici e si decise la preparazione di bande armate (Giorgio Agosti, Paolo Favout, Gustavo Malan).

Dopo l'8 settembre con uomini della valle e uomini saliti in valle l'organizzazione partigiana entrò subito in funzione avendo come epicentro Torre Pellice e San Giovanni (Arialdo Banfi, Roberto Malan, Franco Venturi) si formarono i primi gruppi, l'embrione della futura Colonna di Giustizia e Libertà.

I primi gruppi organizzati di "ribelli", tranne poche eccezioni, presero nome dalle borgate in cui trovarono rifugio e ospitalità all'inizio della loro esistenza.

In Val Pellice:

  • Gruppo di Bobbio, nel comune di Bobbio, di circa 15 - 20 uomini comandati dai fratelli Bertinat.
  • Gruppo del Serre Sarsenà, nel Comune di Bobbio, di circa 20 uomini comandati da Giovanni Gay.
  • Gruppo della Budeina, nel comune di Villar, di circa 20 - 30 uomini comandati da Enrico Barolin, faceva anche parte del gruppo il cap. Antonio Prearo.
  • Gruppo del Bessè, nel comune di Villar, di circa 10 uomini comandati dai fratelli Barolin, Stefano e Giovanni.
  • Gruppo degli Iraij, nel comune di Villar, di circa 10 - 15 uomini comandati da Silvio ed Alberto Baridon.
  • Gruppo del Soura, nel comune di Villar, di circa dieci uomini comandati da Vittorino Giovenale e Ariolfo Charbonnier.
  • Gruppo del Ciarmis, nel comune di Villar, di circa 10 - 15 uomini comandati da Enrico Bouissa.
  • Gruppo del Chabriols, detto anche del ventuno, nel comune di Torre, di circa 20 - 30 uomini formato da tutti elementi della zona, comandati da Renè e Paolo Poet.
  • Gruppo della Sea, nel comune di Torre, di circa 25 - 30 uomini comandati da Telesforo Ronfetto e Mario Rivoir.

In Val Luserna:

  • Gruppo degli Ivert, nel comune di Rorà, di circa 12 - 20 uomini comandati da Gianni Chiambretto e Sergio Coalova.
  • Gruppo del Colletto Rabbi o gruppo di Luserna, nel comune di Luserna, di circa 20 - 25 uomini comandati da Tino Martina.

In Val d'Angrogna

  • Gruppo del Sap, nel comune di Angrogna, di circa 20 -25 uomini comandati da Sandro Dalmastro e Enzo Gambina
  • Gruppo di Pra del Torno base logistica per i primi gruppi. Prima intendenza.
  • Gruppo del Bagnau, nel comune d'Angrogna, di circa 20 - 40 uomini comandati da Paolo Favout.

A fine di settembre i gruppi contavano complessivamente circa 200 uomini che salirono a circa 400 a fine novembre a seguito della chiamata alle armi, da parte della Repubblica Sociale Italiana R.S.I. delle classi 1924 e 1925.

Nelle settimane successive all'8 settembre la principale attività di queste bande fu di recuperare, talvolta raggiungendo anche la vicina Val Po e la più lontana Val Varaita, quanto più materiale possibile dalle numerose caserme, casermette e polveriere abbandonate dall'esercito regolare.

Il gran numero di gruppi e la loro eterogeneità crearono notevoli problemi di organizzazione e, in alcuni casi, persino di convivenza. Si comprese che solo coordinando gli sforzi si sarebbe potuto ottenere il miglior risultato dalla lotta comune e si sarebbe guadagnata la fiducia della popolazione civile. In quest'ottica venne istituito un comando unificato, e tra discussioni e molti contrasti si individuarono alcune figure di riferimento: Roberto Malan, coadiuvato da Paolo Favout, svolse un'importante opera di collegamento e coordinamento. Ad unire ancor più i vari gruppi contribuì la costituzione di un'unica Intendenza, alla quale tutte le formazioni dovevano fare riferimento e dalla quale tutte dipendevano per la loro stessa sopravvivenza.

Infine, altra questione assai delicata fu la scelta del progetto politico di fondo con l'impegno per una lotta, repubblicana, antimilitaristica nella prospettiva di una trasformazione sociale. Divenne inoltre evidente l'importanza politica e militare di mantenere costanti collegamenti e rapporti di collaborazione con le formazioni operanti in zone limitrofe. Grazie alla mediazione di alcuni contrabbandieri, già negli ultimi mesi del 1943 vennero effettuati tentativi per stringere rapporti con i Maquisard del Queyras e negli incontri successivi si perfezionarono i dettagli di reciproca collaborazione, utile soprattutto nei momenti di maggiore pressione nazifascista.

Al settembre del 1943 risalgono i tentativi di collaborazione militare e politica anche fra i garibaldini della zona di Barge e le formazioni G.L. della Val Pellice. Le due formazioni si scambiarono commissari politici per diffondere le idee e sviluppare il dibattito tra le diverse posizioni politiche; così, Emanuele Artom fu inviato fra le bande garibaldine a portare il pensiero del Partito d'Azione mentre Dante Conte si recò fra i gruppi in Val Pellice a esporre i programmi del partito comunista. Poiché né l'uno né l'altro ebbero un gran successo, gli scambi vennero presto interrotti.

Il primo dicembre del 1943 veniva intanto compiuta la prima azione militare in Val Pellice: l'assalto alla caserma di Bobbio Pellice, occupata dalla Milizia confinaria fascista. La Milizia però, grazie ai rinforzi inviati dai comandi di Pinerolo e per grave imprudenza di alcuni partigiani, respinse l'attacco dei "ribelli", catturò alcuni partigiani e ferì a morte Sergio Diena, della banda del Sap. Il destino volle che la lunga lista di morti in Val Pellice non si aprisse con un cattolico o con un valdese, ma con un ebreo: Sergio Diena morì il 2 dicembre 1943, a 24 anni, e venne insignito della medaglia d'argento al valor militare.

A metà dicembre i gruppi vengono suddivisi in due bande:

  • La banda di Prearo, formata dai gruppi del Serre Sarsenà, Budeina, Bessè, Iraij, Soura, Ciarmis, Chabriols al comando di Prearo.
  • La banda Rivoir, formata dai gruppi della Sea, Ivert, Colletto Rabbi, Sap, Bagnou al comando di Mario Rivoir.

Coordinatore e commissario politico delle bande fu nominato Roberto Malan. Viene, inoltre, formato il gruppo Intendenza nell'ottobre 1943 al comando di Sergio Toja al quale subrenterà nel mese di gennaio 1944 Orlando Buffa (Dino).

Sul finire del 1943 i partigiani garibaldini rifugiatisi sulle colline del Montoso furono investiti da un violento rastrellamento di Bagnolo del 22 dicembre, che provocò ingenti perdite. Per salvarsi, alcuni gruppi al comando di Vincenzo Modica "Petralia" ripararono in Val Luserna, a Pian Porcile e alla Galiverga, dove poi si stabilirono definitivamente. A quel momento risale una sorta di suddivisione del territorio in due distinte aree: la Val Pellice e la Val d'Angrogna alle bande di G.L, aderenti al Partito d'Azione, e la Val Luserna ai Garibaldini.

Nel 1944

Dal gennaio all'autunno del '44 si intensificano l'attività tedesca e l'organizzazione della Resistenza.

Il 17 gennaio il primo "lancio" alleato nella valle di materiale paracadutato (organizzato da Willy Jervis) preso dal gruppo di partigiani arrivati in Val Luserna.

Il 10 gennaio Rastrellamento tedesco e bombardate con l'artiglieria la zona della Sarsenà, del Bessè, di Castelluzzo e del Bagnau, con diverse case incendiate.

Primo incontro al colle dell'Urina fra partigiani italiani e maquisardes francesi.

Una quarantina di partigiani appartenenti ai gruppi degli Ivert, Sea e Bagnau si trasferiscono in Val Germanasca dando inizio all'attività partigiana in quella valle; li comanda Favout Paolo "Poluccio".

Per liberare i compagni caddero a Bibiana il 24 gennaio Sergio Toja e Gianni Mariani.

Secondo attacco contro la caserma di Bobbio Pellice, il migliore coordinamento e l'esperienza maturata permisero il successo dell'azione militare: gli aiuti giunti da Pinerolo furono bloccati a Rio Cros, il 3 febbraio 1944, dove si combatté violentemente, fermando la colonna catturando un mortaio il cui uso permise di espugnare la caserma, consentendo la cattura di una quarantina di prigionieri. Nei giorni successivi i nazifascisti si accanirono contro la popolazione con azioni di rappresaglia che terminarono solo con lo scambio, al Piano del Teynaud, dei militi fascisti catturati dai partigiani con i civili presi in ostaggio dai fascisti.

Arresti e trattative di scambio furono opera esclusiva dei fascisti guidati dal federale Solaro

L'episodio Rio cros ebbe un forte impatto nell'interno della federazione fascista di Torino.

Dopo l'attacco, i fascisti lasciarono di fatto sguarnita la valle nei comuni di Villar e Bobbio Pellice, ed ebbe inizio quel breve periodo in cui la Val Pellice visse l'esaltante esperienza di "Italia libera": la parte alta della valle, a monte di Santa Margherita, era stata liberata dall'occupazione nazifascista, a Torre Pellice si installa un presidio della milizia che occupa la caserma Ribet fino a settembre. A meta ottobre subentrano i reparti tedeschi.

In Val Pellice si formarono le prime giunte clandestine.

Si installa a metà febbraio in Val Pellice la 1° brigata SS italiana comandata dal gen. Hansen.

Il periodo di tregua durò all'incirca un mese e mezzo, fino all'inizio dei rastrellamenti del marzo 1944 quando, alle prime luci dell'alba del 21, reparti di SS iniziarono a risalire le valli Pellice, Germanasca e Angrogna.

Tra i partigiani torturati nella caserma degli Airali Emanuele Artom, scomparso a Torino e Jacopo Lombardini, deportato con molti altri e gasato a Mathausen. La resistenza armata e la popolazione subirono un forte colpo.

Intanto l'intendenza, che alla fine del 1943 aveva posto il suo centro principale a Campiglione, si consolida estendendo la sua influenza nella pianura circostante. Ad essa si aggregheranno i gruppi di sabotatori con basi sussidiarie formatesi dopo il lancio con paracadute avvenuto il 17 marzo della prima missione OSS-ORI ( con Riccardo Vanzetti "Renato").

La ripresa dei gruppi in montagna è graduale. In giugno e luglio la Val Pellice dalla Vittoria, la Val di Luserna dalla Ca' Roussa e la Val Germanasca sono nuovamente liberate.

Nella parte alta e sulla sinistra orografica della Val Chisone si affermano gli Autonomi (Maggiorino Marcellin).

Il 30 giugno esce il primo numero del " Il Pioniere" giornale partigiano e progressista.

Nell'estate del 1944 la situazione generale militare si era modificata su tutti i fronti, e all'orizzonte cominciò a delinearsi la disfatta dell'esercito tedesco. Nell'Italia centrale gli eserciti alleati stavano progressivamente guadagnando terreno e in giugno erano sbarcati sulle coste della Normandia, scendendo verso sud. Per i nazisti divenne di vitale importanza controllare tutti i valichi alpini per garantirsi la ritirata. Pertanto su tutto l'arco alpino occidentale i nazifascisti avviarono operazioni militari di vaste proporzioni per ritornare in possesso delle valli e controllare così le principali vie di comunicazione con la frontiera. Dal 20 luglio venne condotto un poderoso attacco in Val Chisone contro le formazioni autonome di Marcellin e le bande G.L. di Favout, a fronte del quale l'1 agosto, a Pian Pra, in Val Pellice, per alleggerire la pressione i comandanti "Barbato", "Romanino", Milan, Prearo e "Renato" decisero una comune azione di disturbo che prevedeva l'attacco alle caserme di Bibiana, Bricherasio e, eventualmente, di Cavour. l'operazione, iniziata nella serata del 3 agosto, non ebbe esito positivo: al contrario, diede inizio a un imponente rastrellamento che tra il 4 e il 10 agosto investì l'intera valle e la zona di Montoso. Il risultato, nonostante fosse stato in precedenza studiato un piano di difesa, fu il completo sbandamento del fronte partigiano: in quattro giorni i nazifascismi raggiunsero il Prà, e in quelli successivi un reparto di SS ucraine - i cosiddetti "mongoli" - si insediò a Villar e a Bobbio Pellice dimostrando nei rapporti con la popolazione ancor più ferocia e crudeltà degli stessi nazisti. Ad agosto il secondo grande rastrellamento fa saltare tutto lo schieramento partigiano. Ma questa volta la maggior parte degli uomini conserva il collegamento.

A settembre i tedeschi occupano la frontiera, dall'altra parte gli americani saliti dallo sbarco in Provenza. Non è più tempo di difese rigide. Il nuovo quadro, con i tedeschi (dal settembre coadiuvati da alcuni reparti di alpenjaeger) a presidiare la testata della valle e i maggiori centri abitati per controllare saldamente e a qualunque costo le vie di comunicazione verso la Francia, determinò una svolta radicale nel modo di concepire la lotta partigiana. Per evitare ulteriori sofferenze alla popolazione civile, e per cercare di diminuire la presenza nazifascista, in Val Pellice non furono più intraprese operazioni militari e, per quanto possibile, si evitò ogni scontro con il nemico. La lotta si spostò dalle montagne alla pianura, si passò cioè da una guerra basata sull'occupazione territoriale a una guerra di guerriglia. Furono costituite squadre caratterizzate da rapidità di attacco e agilità di sganciamento per ritornare a nascondersi nella macchia: piccoli gruppi, rapidi e decisi, per audaci azioni di disturbo e di sabotaggio contro magazzini e depositi, strade e ferrovie, ponti, centrali elettriche e fabbriche di interesse militare.

Le Colonne di Giustizia e Libertà erano diventate la Quinta Divisione GL (comandata successivamente da Roberto Malan, passato poi al comando della IV Zona, Riccardo Vanzetti, Paolo Favout), il Battaglione Garibaldi "Pisacane" era diventato la 105 Brigata Garibaldi (comandata da Mario Abruzzese "Romanino" con Ludovico Geymonat "Luca" commissario politico) e la Brigata Autonoma Val Chisone diventerà Divisione (comandante Maggiorino Marcellin). La liberazione non era arrivata e non era prossima. Si affrontò il secondo inverno di guerra con una struttura diversa. Fu inverno di gelo. Le piante non nascondevano più, i tedeschi presidiavano, pattugliavano e rastrellavano. Si era nella linea del fronte, era la guerra dei buchi. La Brigata Intendenza (comandata successivamente da Dino Buffa, Michele Long, Bruno Vaglio) aveva difficoltà a vettovagliare i partigiani e la popolazione. Il comando della Quinta e una parte dei partigiani rimase nella zona con le brigate Val Pellice (era stata comandata da Antonio Prearo, ora lo è da Renè Poet) e Val Germanasca (comandante Costantino). Frattanto, fin dal settembre del 1944 i partigiani rimasti in Val Pellice avevano iniziato a proteggere la popolazione civile contro i soprusi quotidiani dei nazifascisti appoggiando le giunte comunali clandestine e facendo rispettare le leggi e i regolamenti da queste emanati. Fino alla Liberazione in valle non si ebbero più scontri armati di una certa importanza, se non sporadiche scaramucce, atti di vile rappresaglia e incursioni di repubblichini. S'intensificano i contatti con la Val Queyras e le scaramucce con gli alpini tedeschi, si approfondisce il lavoro con la popolazione, si assestano i nuovi organi politico - amministrativi (C.L.N. e Giunte comunali clandestine) e le nuove organizzazioni politiche, si diffonde la polizia partigiana. I fascisti mordono ancora con le Brigate Nere a Pinerolo e i Lupi di Toscana a Bricherasio. Si colpisce il nemico dappertutto. Lo si beffa con la liberazione di "Petralia" dall'ospedale e di prigionieri dal carcere di Pinerolo, catturando tedeschi in questa città.

Per i partigiani fu uno stillicidio di perdite: fra essi i fucilati a Pinerolo, al ponte Chisone, a Porte, i massacrati GL al Ticiun di Pramollo e Autonomi a Cantalupa, l'eccidio del Dubbione, gli arsi vivi della cascina Badariotti a Bricherasio. Altrettanto difficile la guerra di tutto il movimento fra le colline dell'Astigiano dove una parte dei partigiani della Val Pellice era scesa a rinforzare i primi gruppi di sabotatori costituendo le Brigate Superga, Tanaro e Dinamite, raccolte poi nella Divisione Gruppo Mobile Operativo (G.M.O.) che più tardi con la Nona GL, costituirà il Raggruppamento Divisione GL. Il comando del GMO, che arrivò a contare oltre 1500 partigiani, fu affidato a elementi provenienti dalla Val Pellice: Riccardo Vanzetti, comandante, Giorgio Rolli, vicecomandante, Carlo Mussa, commissario di guerra, Marcello Paltrinieri, capo di stato maggiore. Alcuni nuclei della Quinta nel tardo autunno si sparsero per i cascinali della pianura con epicentro a Castagnole Piemonte, e Carignano tenendo aperto un corridoio tra la Valle e l'Astigiano.

Nel 1945

Nasce così il 17 febbraio del 45, la più giovane delle Brigate della quinta, la Brigata Vigone (comandante Luigi Demaria "Meo") che a fine marzo, trasferirà parte dei suoi componenti nella zona di Ferrere, Asti.

L'intendenza diventata Brigata Lino Dagotto continuerà i suoi compiti ed attività con epicentro Vigone.

Una squadra speciale opera in Torino.

Con i lanci l'armamento diviene più consistente ed efficiente, i nazi - fascisti ne sentono le conseguenze, si chiudono nei loro presidi. I sabotaggi aumentano e giungono fino ad Asti, Casale ed Alessandria. S'infliggono ingenti perdite al nemico, ma anche qui cadono molti partigiani.

La liberazione si avvicina. Cambia il clima della stagione e il morale: il proclama di Alexander è dimenticato. I partigiani, ora, con i loro automezzi vanno dove vogliono e cantano. Quasi in ogni comune sorgono le Giunte comunali organizzate da Aldo Guerraz "Verdi" commissario politico della Quinta, succeduto a Roberto Malan e i commissari delle Brigate: Federico Balmas, Giulio Giordano, Archimede Modenese (giovani commissari di 21, 20 e 18 anni). All'inizio di novembre "Il Pioniere" dal ciclostilato angrognino diventa carta stampata della Tipografia alpina che continua la sua attività clandestina.

Nel marzo 1945 le truppe tedesche furono sostituite da tre compagnie di bersaglieri della divisione "Littorio" e da due compagnie di soldati austriaci, che proseguirono nell'opera di fortificazione della valle. Ma il temuto scontro con le truppe alleate, attestate al di là del confine, non avvenne e il 23 aprile le truppe dislocate in Val Pellice ricevettero l'ordine di abbandonare le posizioni. Durante la ritirata verso la pianura, ostacolata e rallentata dai partigiani, perse la vita la staffetta partigiana Jenny Cardon, sorpresa e catturata dai tedeschi durante uno degli ultimi combattimenti, poi decorata con la medaglia di bronzo. Il 26 aprile tutti i reparti tedeschi erano ormai concentrati tra gli Airali di Luserna San Giovanni e Torre Pellice, pronti ad abbandonare la valle; da parte dei "ribelli" si tentò ancora di negoziare la resa incondizionata, che venne comunque rifiutata. Il 27 aprile iniziò l'ultima battaglia. l'obiettivo dei partigiani era quello di tenere impegnati gli avversari e impedire loro di ripiegare su Torino per unirsi agli altri reparti. Durante tutta la giornata, le autocolonne nemiche furono colpite e disturbate dai colpi di mortaio da 81 mm dei "ribelli". La ritirata dei nazifascisti, incalzati sempre più da vicino dai garibaldini della Val Luserna e dai G.L. della brigata "Val Pellice", col trascorrere delle ore si trasformò in una fuga disordinata. Alle ore 21 del 27 aprile i partigiani ebbero ragione delle ultime resistenze ed entrarono in Torre Pellice: la Val Pellice era liberata.

Gli alleati si avvicinano, la Val Pellice è liberata il 27, Pinerolo il 28 dagli Autonomi della Val Chisone e dai GL della Val Germanasca. Il G.M.O. entra a Torino da Superga, la Quinta occupa il triangolo Porta Nuova, Lingotto, Mirafiori, la 105 Garibaldi occupa la zona della Camera del Lavoro.

Ci sono gli ultimi caduti partigiani e civili in Valle e in città e il 30 aprile l'eccidio dei Garibaldini a Vinovo. Poi la liberazione è completa.